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In un manoscritto, ritrovato dopo quarant'anni, Rosario Palmeri espone in un modo inconsueto la sua esperienza di prigioniero politico nel Lager nazista di Bolzano nel 1944. Racconta delle atrocità commesse e vissute nel Lager, episodi inconcepibilmente assunti nella quotidianità e nell'orrore che segna la vita dei prigionieri. Il raccapriccio si imprime nelle loro menti, come quando passano accanto a un ragazzo assassinato che giace nel fango del piazzale steso come un Cristo. Rosario riesce a sopravvivere mantenendo vivo il ricordo dei suoi valori di uomo libero, concentrato a salvaguardare la sua dignità e sa riconoscere la stessa nei suoi compagni di sventura. È testimone delle efferate torture che si commettono nelle celle di isolamento e racconta il suo stupore quando spietati omicidi sono accettati come fatti normali. E, in questo clima di ordinaria follia, si emoziona guardando la fioritura di un ciliegio o raccontando l'umanità di alcuni suoi carcerieri.